L’inquinamento, oltre a causare cambiamenti climatici, è strettamente legato alla diffusione delle zoonosi, ovvero le malattie trasmesse all’uomo dagli animali.
Le principali epidemie che ci hanno colpito negli anni – come l’Ebola o l’attuale Coronavirus – sono state trasmesse per via animale a causa della distruzione di barriere ed ecosistemi: l’uomo, ad esempio, praticando la deforestazione, distrugge l’habitat di tantissime specie che potrebbero potenzialmente ospitare un virus. Un effetto simile hanno fenomeni naturali dovuti al cambiamento climatico, come ad esempio l’aumento delle desertificazioni.
Gli animali sono dunque costretti a spostarsi, avvicinandosi così alle persone, consentendo a nuovi virus di entrare in contatto con l’uomo e di diffondersi nel nuovo ospite.
Inoltre, la consumazione di animali selvatici come cibo è diventata in alcune parti del pianeta una pratica comune; ad esempio, è noto il mercato di animali vivi di Wuhan, in Cina, dove si macella la fauna selvatica sul momento, consentendo, attraverso lo spargimento di sangue, la trasmissione di virus, proprio come potrebbe essere successo con il Covid-19.
Prendendo invece come esempio il Coronavirus che da due anni sta mettendo in ginocchio il mondo, possiamo dire che anche in questo caso l’inquinamento sta dando contributi: essendo una malattia che interessa le vie respiratorie, le polveri sottili presenti nell’atmosfera potrebbero aumentare dell’11% la mortalità del virus.
Ma non tutti i mali vengono solo per nuocere.
Sebbene l’inquinamento atmosferico abbia intensificato la pandemia, la pandemia ha allo stesso tempo ripulito l’aria.
Particelle fini come il PM2,5 e il biossido di azoto (NO2) vengono emesse con la combustione di combustibili fossili, quindi principalmente da fabbriche e veicoli. Un gruppo di ricercatori della NASA, attraverso osservazioni spaziali e terrestri, hanno dimostrato che, dal febbraio 2020, i vari lockdown mondiali hanno ridotto le concentrazioni globali di biossido di azoto di quasi il 20%. Wuhan, la prima città a segnalare casi di Covid-19, quindi la prima a cui sono state imposte restrizioni, è stata anche la prima a presentare una diminuzione significativa delle emissioni di biossido di azoto (-60%), seguita successivamente da Milano (-60%) e New York (-45%).
Un altro segnale che testimonia un miglioramento ambientale è il ritorno degli animali nei centri abitati: ad esempio, a Venezia, nelle acque dei canali diventate cristalline, si sono potuti ammirare pesci e in superficie cigni che nuotavano indisturbati.
Dunque, da quando la frenetica attività umana si è “presa una pausa”, i cieli e l’aria si sono ripuliti… ma purtroppo solo temporaneamente.
Adesso, da quando le normali attività sono ripartite, il problema ambientale è ritornato in primo piano, ed è diventato una priorità da affrontare a livello globale. I vari lockdown dovuti alla pandemia ci hanno fatto rendere conto di quanto siamo colpevoli della distruzione del pianeta a causa del nostro atteggiamento arrogante nei confronti della natura.
“I ribassi saranno sicuramente solo temporanei. Ottenere un’aria più sana a lungo termine significa passare a energia e trasporti puliti” ha affermato Lauri Myllyvirta, analista capo del Centro di ricerca sull’energia e l’aria pulita (CREA).
Speriamo che in un futuro prossimo i politici di tutto il mondo ascoltino i consigli che arrivano dal mondo scientifico.
A cura di Emma Fenu