Se pensavi che l’inquinamento fosse una storia soltanto moderna, ti sbagli! Anche il più vasto impero del Mediterraneo inquinava, estraendo e fondendo minerali e rilasciando nell’atmosfera elevate quantità di piombo: particelle inquinanti che sono rimaste intrappolate per migliaia di anni nei ghiacciai del Monte Bianco.
I Romani avevano bisogno di un minerale di piombo, la galena, utile per costruire e contenente l’argento con cui battevano moneta. Ma per essere estratto, il minerale grezzo doveva essere surriscaldato a 1200°C: processo che rilasciava grandi quantità di piombo nell’atmosfera. I segni dell’attività mineraria romana erano già stati scovati sui ghiacci della Groenlandia: nessuno aveva ancora studiato il fenomeno sulle Alpi, cioè più vicino alle miniere e alle fucine di Roma. I ricercatori francesi hanno effettuato dei carotaggi sulla parte più profonda dei ghiacci del Monte Bianco, nel versante francese, che risalgono fino a 5000 anni fa.
Hanno scoperto emissioni di piombo cento volte superiori a quelle già registrate in Groenlandia: livelli estremamente alti per l’epoca preindustriale. Le prime ricerche, benché confermate, suscitavano curiosità per via della distanza dall’area di influenza dell’antica Roma. Sul Monte Bianco è invece risultata evidente la corrispondenza tra l’espansione commerciale dei Romani, le loro attività minerarie e l’inquinamento atmosferico.
I ricercatori hanno individuato due picchi di emissione che sembrano corrispondere a due periodi di particolare prosperità della civiltà romana in cui si produsse una grande quantità di monete, poi circolate in mezza Europa, in Asia minore e in Africa. Il primo, più intenso, si colloca durante il II secolo a.C., epoca in cui la Res Publica aveva conquistato la Gallia Cisalpina ai piedi delle Alpi, e si ingrandiva a vista d’occhio verso Oriente, mentre Cartagine correva verso il suo definitivo tramonto. L’altro picco è individuato tra l’anno zero e il 200 d.C., durante quella che è considerata l’epoca d’oro dell’Impero, periodo di stabilità e crescita della Roma Antica che si accompagna a un inquinamento maggiore legato a un’economia più prospera, che ha lasciato traccia nel ghiaccio, e che non a caso diminuisce con la crisi del III secolo.
Ma non dimentichiamoci degli Etruschi: basti ricordare il noto golfo di Baratti con la sua storia antica che affonda le sue radici addirittura nel periodo villanoviano, ante-etrusco; un luogo sfruttato come porto del rame e del bronzo, in un secondo momento del ferro proveniente dall’Isola d’Elba. Ancora oggi il colore della sabbia è di un nero-argenteo-rossastro, brillante sotto i raggi del sole a causa delle scorie ferrose. Il cumulo dei detriti della lavorazione del ferro ricoprì completamente la zona di Baratti prospiciente il mare. Il materiale grezzo trasportato alle pendici del colle su cui sorgeva l’antico abitato era lavorato in altiforni per ricavarne lingotti di ferro puro, durante la Prima guerra mondiale erano così tanti i residui che furono riutilizzate le scorie etrusche ancora ricche di materiale ferroso. Gli Etruschi scomparvero e lasciarono depositate nei terreni adiacenti e sulle spiagge oltre un milione di tonnellate di scorie ferrose che restarono incredibilmente immobili per più di 20 secoli.
A cura di Giulia Giovannini