Lettere moderne

di FILIPPO UNGAR, Università degli Studi di Firenze, corso di laurea magistrale in Filologia Moderna.


“Quando mi chiedo perché amo la letteratura mi viene spontaneo rispondere: perché mi aiuta a vivere (T. Todorov, in Letteratura in pericolo, Garzanti, 2011, p. 16).” Questa frase riassume il motivo per cui anch’io ho iniziato a studiare Lettere quattro anni fa. È stata una passione, un’inclinazione che ho intuito in me negli anni del Miche, e che ho seguito: la stessa passione, sostenuta da amicizie con cui condividerla, è stata il mio motore in questi anni universitari.

Tra i Corsi di Studio umanistici, Lettere moderne è il più aperto: l’ossatura di base sono gli esami di letteratura italiana e di linguistica (scienza affascinante e piena di prospettive di ricerca che studia il linguaggio in quanto tale). Il percorso comprende, però, anche esami di storia, di letterature straniere, di letteratura latina, di storia dell’arte, di filosofia. Questa apertura è un gran vantaggio: permette di muoversi attraverso tutte le branche del sapere umanistico, acquisendo i rudimenti di ognuna. Il rovescio dell’apertura, tuttavia, è il rischio della superficialità: toccare tutte le materie senza approfondirne nessuna. Scegliendo con oculatezza gli esami liberi, però, è possibile evitare questo rischio e arrivare a una formazione “umanistica” più completa che in ogni altro percorso.

Nel secolo della tecnica digitale, occuparsi di letteratura sembra inutile. Studiandola per quattro anni, mi sono accorto che non è così: la letteratura è lo spazio che l’umanità ha ritagliato da sempre per le sue aspirazioni e per la riflessione sul significato dell’uomo e del mondo. Approfondirne lo studio investe il “letterato” di una forte responsabilità sociale nell’epoca contemporanea, che rischia di smarrirsi nella frenesia della digitalizzazione. Ma senza letteratura l’uomo è meno uomo, e la vita è meno vita.

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