Ambientalismo e musica

 Questo articolo fa parte del numero 26 del MichePost, uscito in formato cartaceo il 10 dicembre 2021


La nostra è certamente una generazione che ha molto a cuore le battaglie civili e ambientali. Questo è l’aspetto che ci sta caratterizzando e ciò che, se continueremo così, ci definirà per sempre. Siamo più agguerriti della generazione precedente alla nostra, più di quella prima ancora, forse meno dei sessantottini. Ecco, parlando proprio dei sessantottini, vorrei far notare un elemento importante all’interno delle loro lotte. Se ci si pensa bene, ciò che fu il ’68 non era riscontrabile solo nelle piazze e nelle università occupate. No, affatto. Ciò a cui portò quell’epoca ebbe, ed ha ancora oggi, ripercussioni su tutti gli ambiti della cultura; nella poesia, nella letteratura, nel giornalismo, e, ovviamente, nella musica. Quello fu il punto di rottura con il passato, ciò che li separò definitivamente dalle generazioni dei loro padri. Per la prima volta nella storia, battaglie sociali e musica andavano di pari passo, a sostegno l’una dell’altra.

Ecco, le battaglie che i giovani di quel periodo posero con forza sul piatto dei potenti del mondo sono completamente diverse rispetto a ciò per cui lottiamo al giorno d’oggi. Certamente, la diversità di temi è dovuta al cambiamento dei tempi e delle necessità avvenuto in questi cinquantatré anni. Se vogliamo, ciò per cui Combattiamo noi adesso è un’evoluzione dei principi per cui combattevano loro. Ma c’è un elemento in comune molto importante, ovvero la musica. Così come loro, anche noi abbiamo riscontrato nei cantanti e nelle band dei nostri tempi gli oggetti dei nostri moti di agitazione collettiva. Abbiamo ritrovato l’omofobia in Hozier, abbiamo riscontrato il body shaming in Christina Aguilera, in Italia possiamo vedere la tematica del razzismo in Ghali, in Caparezza, in Willie Peyote, senza contare i cantautori stranieri che potremmo citare all’infinito. In pratica, tutte le nostre lotte sono presenti a gran voce nel meraviglioso e variegato mondo che è la musica. Anzi, mi correggo. Quasi tutte le nostre lotte.

Adesso, se non è chiedervi troppo, voglio che voi lettori facciate un intenso sforzo mentale. Ecco, ora pensate a una canzone di vostra conoscenza che parli dei problemi ambientali. Pensate a una band, a un cantante, a un autore, a un produttore che denunci con forza uno dei più grandi problemi che sta affliggendo questo pianeta. Non vi vengono in mente? La risposta è semplice: non ce ne sono. O meglio, ce ne sono ma non hanno risonanza mediatica, non vengono praticamente presi in considerazione, per scelta o per dimenticanza. Io credo che la prima sia l’opzione più plausibile. E perché mai dovrebbero essere messi a tacere? Perché chi muove il mondo non vuole che emergano? Anche qui la risposta è semplice: perché l’ambientalismo, fra le battaglie che stiamo portando avanti, è la più scomoda. È la più scomoda perché chi comanda non può bluffare. Può farlo con il razzismo, promettendo pene severe per chi lo compie, senza poi applicarle; può farlo con il maschilismo, dicendo che è un problema ormai risolto e superato; può farlo con il body shaming, etichettando il problema come qualcosa di poco grave e di normale. Ma con i problemi ambientali la gente non può essere ingannata, poiché essi sono sotto la luce del sole e la conoscenza di tutti, anche di chi intende ignorarli o screditarli. E, quindi, i potenti non si possono permettere un’ondata di rivolte ambientaliste in gran misura. Proprio perché, a quel punto, sarebbero costretti davvero a fare qualcosa. E per questo cercano di ridurre al silenzio chi ne parla, per questo mettono a tacere anche chi ne scrive o ne suona o ne canta. Dobbiamo renderci conto di ciò. E dobbiamo comprendere che la nostra generazione, unita, può ribellarsi a questo sopruso a danno della libertà di espressione, perché, alla fine, di questo si tratta: non permettere ai cantanti e alle band che si occupano di questi temi di emergere, arginandoli il più possibile. È un atto in tutto e per tutto ai limiti dell’autoritarismo. Nel mondo intero, vi sono numerosissimi musicisti talentuosi a cui vale la pena dare la possibilità di dire ciò che pensano, senza che il tema da loro trattato, o ciò per cui combattono, influisca negativamente sulla loro copertura mediatica per colpa di chi li vuole nascondere e ignorare.

È tempo di dire basta a tutto ciò, di scendere in piazza, di combattere, di protestare. Ma già rendersi conto che è arrivato il momento di farlo, alla fine, sarebbe un grande passo avanti verso quello che sarà, sempre più, un moto che cambierà una volta per tutte la coscienza e il modo di pensare dell’homo sapiens.

A cura di Samuele Giuliani

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