C’è una legge non scritta, ma radicata nella nostra cultura, secondo la quale l’educazione scolastica pubblica dovrebbe essere il più neutrale possibile. Questa massima non è stata tenuta particolarmente di conto, probabilmente in maniera inconsapevole e involontaria, quando è stata approvata dal Collegio Docenti della nostra scuola la partecipazione dei ragazzi di religione alla 42° Giornata per la vita.
Il 31 gennaio, infatti, in ambito della particolare giornata, si è tenuto al teatro/cinema Odeon un incontro proposto dall’arcidiocesi fiorentina in cui si sono trattati temi come aborto, eutanasia e suicidio assistito, inevitabilmente dal punto di vista cattolico. Il fatto che la scuola abbia autorizzato un’iniziativa così insolita e ideologicamente schierata mi ha particolarmente sorpresa, così ho deciso di approfondire e di parlarne, nonostante non abbia potuto prendervi parte. L’assemblea, secondo quanto mi è stato riferito, ha visto susseguirsi interventi di ospiti che hanno portato loro esperienze personali, tutte caratterizzate e motivate dalla fede e associate dal titolo e tema della giornata “Aprite le porte alla vita” come esempi a sostegno del punto di vista unico che eguaglia aborto ed eutanasia all’omicidio. Punto di vista che è stato reso perfettamente chiaro in particolare da uno dei relatori, il dottor Petralia, che ha affermato che nel suo ruolo professionale si sarebbe sentito un assassino a compiere uno di questi atti. Il pensiero di fondo dell’incontro non solo è stato portato avanti come singolo, senza la partecipazione di una controparte, ma, come mi hanno riportato alcuni ragazzi che erano presenti, durante l’ultima fase dedicata alle domande (casualmente?) non è stata data risposta a quelle in cui si esprimeva dissenso.
Oltre alle testimonianze degli studenti, ho voluto indagare all’origine chiedendo ad una delle referenti del progetto, la professoressa Moser, cosa avesse spinto i docenti di religione a proporre l’iniziativa e quale ne fosse lo scopo. La risposta è stata la seguente: innanzitutto per creare un senso di unione tra i ragazzi di religione e mostrare loro quanti siano (hanno aderito a questo progetto molte classi di religione di diverse scuole e tutte le terze, quarte e quinte solo della nostra) nonostante l’esiguo numero di alunni per classe; in secondo luogo per mostrare un punto di vista diverso, ad esempio, da quello che “viene proposto nelle discussioni delle assemblea scolastiche su questi temi( aborto ed eutanasia)”.
Peccato, però, che questi temi siano particolarmente “caldi”, soprattutto in questo periodo, perché su di essi il piano della discussione non coinvolge solo l’ambito morale ma anche quello civile. Questo è dato anche dal fatto che la Chiesa in Italia abbia un’influenza fortissima che inevitabilmente si riflette anche in campo politico. A proposito di questi argomenti ci sono forti schieramenti partitici, e questo non significa che non se ne possa parlare in ambito scolastico: significa semplicemente che fino a che la discussione rimane tra ragazzi in assemblea o in classe, in una condizione in cui l’insegnante propone i fatti i maniera oggettiva, il confronto è positivo. Il compito dei professori, infatti, dovrebbe essere quello di proporre gli argomenti in maniera neutrale e mostrare tutte, o almeno la maggior parte, delle diverse prospettive. Proponendone una sola viene attuata indubbiamente una presa di posizione importante, dal momento che per uno studente lo schieramento della figura educativa spesso ha più peso di quella di un coetaneo. Il fatto, quindi, di proporre la partecipazione ad un’assemblea su temi non solo etici ma anche fortemente politici affrontati da un unico punto di vista molto radicale e in maniera unilaterale , senza la ricerca di un confronto (cosa che poteva essere prevista, date le circostanze) non è consono.
Per concludere, inoltre, che la partecipazione sia stato proposta solo agli alunni di religione, non rappresenta in alcun modo una giustificazione. Questi, infatti, prima di essere alunni di religione sono alunni del Liceo classico Michelangiolo, una scuola pubblica di uno Stato (almeno sulla carta) laico, in cui, come detto all’inizio, è fondamentale che l’educazione in ambito scolastico sia il più possibile neutra dal punto di vista ideologico e politico.
A cura di Giulia Battaglini