Lunedì 9 dicembre alle ore 10.21, durante il rifornimento di alcune autocisterne, il deposito Eni di Calenzano è stato oggetto di un imprevedibile incendio. La notizia si è propagata velocemente, a Firenze e in tutta Italia, tanto che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato personalmente al Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani per avere informazioni sui feriti, per portare la solidarietà alle famiglie delle vittime e per ringraziare i soccorritori che sono intervenuti con grande professionalità. Uno dei feriti racconta: “Non ho mai visto niente del genere nella mia vita, sembrava ci avesse attraversato un tuono”. L’uomo, 50 anni, si trovava nel suo ufficio a circa 100 metri dal luogo dell’esplosione. E ancora: ”Non abbiamo capito che cosa sia successo, perché tutto è accaduto in pochi secondi. L’esplosione è stata così forte da farci saltare per diversi metri all’interno del nostro ufficio, i vetri si sono sfondati e ci hanno ferito. È stata l’esperienza più traumatica di tutta la mia vita. Sono ancora stordito”. Il bilancio è di 5 vittime, che si aggiungono agli altri 890 morti sul lavoro in Italia nel 2024, e di 26 feriti, le cui condizioni, in particolare di due pazienti, fanno preoccupare molto i medici. I due operai, ricoverati nella terapia intensiva del centro ustioni dell’ospedale di Pisa, si trovano dal 9 dicembre sedati e intubati per aiutare la respirazione. Le condizioni dei due feriti sono molto gravi e i medici mantengono la prognosi riservata.
Non è ancora stato possibile accertare come si sia innescata l’esplosione. La raffineria di Calenzano è un sito industriale della società energetica Eni, si estende per 170 mila metri quadrati ed è situata nelle vicinanze dell’autostrada A1 e della ferrovia. Contiene 152 mila tonnellate di oli minerali, di cui 132 mila di gasolio, e si occupa di immagazzinarli, trasferirli, scaricandoli e caricandoli sulle autobotti. Queste azioni vengono svolte in due aree distinte, rispettivamente 24 serbatoi per lo stoccaggio dei materiali e 10 pensiline per il rifornimento, luogo in cui, secondo l’Eni, sarebbe avvenuta l’esplosione. D’altra parte, l’ARPAT (ovvero l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) sostiene che l’incidente sia stato causato da una nube di idrocarburi che, entrati a contatto con degli inneschi, avrebbero provocato l’esplosione. Bisogna specificare che impianti come questo, ed altri 950 in tutta Italia, sono classificati come a rischio industriale rilevante, secondo quanto riportato in una recente intervista dal dirigente dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Tali impianti devono, o almeno dovrebbero, essere sottoposti a controlli rigorosi, come stabilito dalla direttiva europea SEVESO. L’ultima ispezione del sito di Calenzano risale al 2017; tuttavia, è possibile che siano intervenuti altri enti, oltre all’ISPRA, per verifiche, come i Vigili del Fuoco.
Durante la stessa intervista sopra citata*, è stato inoltre evidenziato che la presenza di fumo nero è indicativa di un’esplosione incompleta, con residui di idrocarburi e monossido di carbonio; è questo rendere il fumo nero generalmente più pericoloso di quello bianco. Ciononostante, l’incendio è stato domato in poche ora grazie all’intervento rapido delle autorità competenti, riducendo così l’impatto delle sostanze nocive disperse nell’ambiente. In ultimo va considerato il ruolo del vento nel propagare l’esplosione: questo potrebbe aver contribuito a disperdere le concentrazioni di inquinanti, limitandone i danni, ritenuti trascurabili dalla Regione Toscana.
A cura di Indro Amidei e Fabio Uscidda
*L’intervista in questione è tratta da “A 100 metri dall’esplosione, lo choc di un ferito: ‘Sembrava ci avesse attraversato un tuono'”, La Nazione, 9 dicembre 2024. Per leggere l’articolo completo, visitare il link: https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/ferito-esplosione-calenzano-stliuqq9