L’inquinamento a danno delle opere architettoniche

 Questo articolo fa parte del numero 26 del MichePost uscito in formato cartaceo il 10 dicembre 2021


Il cambiamento climatico è uno dei temi maggiormente discussi tra gli scienziati, i giovani attivisti, le associazioni ambientaliste e i politici (un’occasione importante di confronto riguardo questo argomento è stata senza dubbio la Cop26, conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi nella città di Glasgow dal 31 ottobre al
13 novembre 2021 sotto la presidenza del Regno Unito). I cambiamenti climatici sono diventati negli ultimi anni una delle minacce più significative non solo per l’umanità ma anche per i siti del Patrimonio Mondiale, come sottolineato dall’Unesco. Sul territorio italiano vi è una forte concentrazione del patrimonio storico-artistico mondiale e ciò dovrebbe rendere il nostro Paese particolarmente sensibile alla tematica della conservazione dei beni culturali.
Innumerevoli studi ed indagini scientifiche hanno evidenziato che negli ultimi decenni il degrado dei materiali esposti all’aperto ha subito una preoccupante accelerazione. Nel valutare le cause di tale degrado, l’inquinamento atmosferico è risultato un fattore di pressione determinante per le superfici dei monumenti esposti all’aperto; difatti l’impatto delle sostanze inquinanti emesse in atmosfera sui materiali che costituiscono i monumenti è ingente e drammaticamente irreversibile. Il nostro patrimonio architettonico è stato costruito nei secoli con differenti tipi di materiali, tra cui sono molto presenti quelli lapidei, sia naturali, come il granito e il marmo, sia artificiali, come il laterizio. Questi tipi di materiali possono essere sommariamente suddivisi in due classi dal punto di vista della loro composizione chimica: i materiali silicatici e i materiali calcarei. A seguito di numerose indagini e accurate analisi, è emerso che i più danneggiati dagli agenti inquinanti sono i materiali calcarei, composti principalmente di carbonato di calcio. Alcune tra le più importanti opere architettoniche costruite con pietre carbonatiche (come il marmo e il calcare) sono il Duomo di Milano, la Cattedrale di St. Paul a Londra, il Partenone ad Atene e Notre Dame a Parigi. L’anidride carbonica svolge un ruolo rilevante sui composti di carbonato di calcio, alla base del cosiddetto “fenomeno carsico”: infatti, sebbene se si tratti di un componente naturale dell’atmosfera, seppur in minima percentuale, l’anidride carbonica, la cui concentrazione è drammaticamente cresciuta nell’ultimo secolo, viene considerata un inquinante a causa dell’elevata quantità prodotta in tutti i processi di combustione (sia industriali che domestici).
A questo punto, la domanda che sorge spontanea è: come tutelare i nostri beni culturali? Rimediare ai danni causati dall’inquinamento alle numerosissime e splendide opere architettoniche presenti sul nostro territorio è possibile?. Purtroppo interventi di manutenzione e recupero del patrimonio storico e artistico hanno costi molto elevati e assai difficili da stimare, soprattutto se pensiamo all’enorme patrimonio che fortunatamente l’Italia possiede. Commetteremmo però un errore se ci limitassimo a parlare di costi in termini puramente economici, perché i veri costi li paga l’intera umanità con la perdita del patrimonio stesso: l’azione degli inquinanti infatti è tale da degradare la materia per sempre, facendoci perdere il patrimonio a tal punto che nessun lavoro di conservazione sarà mai in grado di restituire i beni alla fruizione. Per tutelarli, l’unica soluzione possibile è quella di monitorare costantemente sia lo stato dei monumenti, sia la qualità dell’aria che li circonda, attraverso accurate analisi svolte periodicamente, così da riuscire ad intervenire quando i danni sono ancora di piccola entità, i lavori di conservazione non troppo complessi da progettare e i costi ancora sostenibili. L’importante però è perseguire con tenacia politiche e programmi per il miglioramento della qualità dell’aria e la riduzione dell’inquinamento dovuto alle attività umane, per la tutela della biodiversità, per la salute dei cittadini e per la salvaguardia dei beni culturali.

A cura di Mariagledis Kohilamulla

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