La scuola di ieri

Tra amici capita di parlare del programma televisivo “Il Collegio”. Ovviamente le prime cose che tutti notiamo, oltre all’ignoranza dei ragazzi che vi partecipano (ignoranza sia per conoscenza degli argomenti sia per la disciplina), sono l’aspetto estetico (capigliatura e abiti), l’arredamento e il modo di relazionarsi alunno-insegnante. Da qui è nata una personale curiosità: ma com’era la scuola dei miei genitori? Scartabellando tra le foto ho confrontato la  mia delle elementari con quella dei miei genitori (metà degli anni ’70). Innanzitutto, portavano i grembiuli di due colori (bianco le femmine e nero i maschi) e all’altezza del seno avevano su un lato un cartellino in plastica rigida dove c’era scritta la classe frequentata con la lettera della sezione; la cartella era di forma rettangolare, rigida da portare sulle spalle grazie a due lunghe cinghie; i quaderni avevano copertine solitamente di un unico colore, mentre l’astuccio era corredato alla cartella, sempre rigido ma diviso in tre segmenti. La maestra era solo una e faceva tutte le materie tranne religione: una volta la settimana arrivava il parroco della chiesa vicina ed insieme leggevano dei passi del Vangelo. Ma com’era il comportamento in classe? Sicuramente le maestre, almeno quelle dei miei genitori, erano molto autoritarie e non permettevano alcun tipo di disturbo, altrimenti castigavano mettendo il bambino dietro la lavagna. La signora maestra, così venivano chiamate dagli alunni, infliggeva punizioni maggiori a chi faceva errori nei dettati o nei calcoli, ad esempio tirando le orecchie ed esclamando “Sei un ciuco, vergogna!”. Anche la ricreazione veniva fatta da seduti o comunque accanto al banco parlando a voce bassa. Alle ore 12:30 la scuola finiva e non erano molti quelli che restavano al refettorio. In seconda elementare c’era il primo esame ed a noi sembrerà incredibile, ma qualcuno veniva anche bocciato. Essere promosso in prima media faceva sentire “grandi”: i professori chiamavano solo per cognome, la maggior parte si ponevano in modo austero, poco inclini a dare giudizi positivi. In classe vigeva un certo rigore e mai gli alunni si sarebbero permessi di chiedere di spostare un’interrogazione. Quando l’alunno teneva un comportamento non adeguato veniva “mandato fuori dalla porta” con relativa nota sul diario da riportare il giorno dopo firmata dal genitore, il quale, in quasi tutte le famiglie, avallava il professore punendo il ragazzo a sua volta. In quegli anni molti dei nostri genitori non hanno avuto la nostra libertà: sicuramente andare da soli il sabato sera a mangiare una pizza con i compagni era cosa rara. Una moda degli anni ’80 per i ragazzi che frequentavano le medie fu la cartella: una borsa da postino di stoffa (bianca o verde militare) da portare a tracolla. Alla fine dei tre anni di scuola era tutta scarabocchiata: veniva fatta firmare dai compagni, ci venivano scritte frasi estrapolate da canzoni famose o disegnato dei loghi di band famose. Ed eccoci alle scuole superiori, che difficilmente sceglieva il ragazzo. Poche ragazze andavano a scuola con lo smalto, con trucco evidente, gonne corte o pantaloni attillati: la scuola aveva comunque una sua “divisa. Anche il modo di relazionarsi sia in classe che fuori non era certo come il nostro: per parlare di compiti o interfacciarsi su argomenti frivoli si chiamavamo con il telefono fisso. Poi avevano la “compagnia”: formavano gruppi di amici che si ritrovavano nello stesso posto, solo e ripeto solo dopo aver studiato.

Ovviamente non entro in merito riguardo i cambiamenti che ci sono stati nella scuola sia a livello di metodo di insegnamento, che a livello legislativo; certo che non è paragonabile un registro di classe appoggiato sulla cattedra, con i nostri elettronici, le lavagne con gesso e cimosa alle nostre lim. Una cosa che mi ha fatto sorridere è pensare ai cartelloni che a fine anno venivano attaccati fuori della scuola: dei grandi fogli exl divisi per sezione che accanto  al nome degli alunni riportavano oltre a “bocciato” o “rimandato”  il voto per ogni materia. Tanti ragazzi accalcati al vetro della scuola che sbirciavano il risultato dei compagni: immancabilmente nascevano discussioni che non si fermavano neanche con l’inizio dell’anno scolastico successivo. Chiedendo ai genitori dei miei amici ho avuto un univoco riscontro: la scuola è ricordata come un bel periodo che merita di essere raccontato con entusiasmo.

A cura di Olivia Mascherini

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