L’America sarà grande di nuovo?


Sono le sei del mattino, manca poco alla chiusura dei seggi elettorali degli ultimi stati, ma il bilancio è già chiaro: 209 a 254 grandi elettori, Donald Trump sta per diventare il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America grazie ai voti del Midwest (Ohio, Iowa e Wisconsin) e della Florida. Mancano ancora quattro stati e se Hillary vince in tutti raggiungerà i 270 elettori e vincerà, ma è praticamente impossibile, poiché Trump ha conquistato quasi tutti i dieci “swing states”, che in ogni elezione determinano la vittoria del nuovo presidente e alcuni stati che erano da sempre dalla parte dei Democratici.

Hillary non ha conquistato l’America quanto si era pensato, non ha conquistato parte dei neri, che l’hanno votata per l’88%, rispetto al 93% che aveva votato Obama e, soprattutto, nonostante Trump abbia in progetto di costruire un muro al confine con il Messico, la Clinton ha conquistato solo il 65% degli ispanici – quasi il 20% rispetto all’ex Presidente. Non ha convinto perché non è niente di nuovo, è la moglie di un ex presidente, Bill Clinton, e la sua campagna elettorale è stata sostenuta da un altro ex presidente, Barack Obama, che, visti i risultati di queste ultime elezioni, non ha consegnato ai nuovi candidati un’America che lo amava. Non ha perso perché era una donna, come molti hanno detto, ma perché è stata prima First Lady e poi Segretario di Stato, perché è sostenuta dall’establishment, ma non è riuscita a parlare all’americano medio, non è riuscita a cogliere i bisogni della parte del popolo evidentemente insoddisfatta degli ultimi otto anni di governo democratico, quella parte che ha preferito scommettere sul più politicamente scorretto, ma nuovo, candidato.

Sono le 7:00 – ora italiana – e stiamo per avere i risultati di Pennsylvania e Michigan, determinanti per la vittoria o meno del candidato repubblicano, nel primo dei due stati, che vale ben 20 grandi elettori, scrutinate il 97% delle schede, Trump è avanti di 75mila voti, non c’è più possibilità per Hillary di rimontare.

Alle 9:00 Donald Trump diventa il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, un’America che ha votato l’homo novus, lo stesso che nella Roma antica era visto come colui che minava l’ordine pubblico, ha vinto, non solo alla Casa Bianca, ma anche alla Camera e al Senato, preannunciando la nascita di un governo molto forte, volto a modificare completamente la politica interna ed esterna della nazione: si parla di cancellare l’Obamacare, cambiare le leggi su armi e immigrazione – costruire il muro tra USA e Messico e bloccare temporaneamente l’ingresso dei musulmani negli States – e sconvolgere tutti i rapporti internazionali. Facile è fare un parallelismo con le elezioni italiane del 1994, quando Silvio Berlusconi vinse per la prima volta con un grande consenso popolare. I giochi sono fatti, Hillary non si è neppure presentata all’HQ per fare il suo discorso da sconfitta alla nazione, a parlare è John Podesta, capo della sua campagna elettorale, mentre Trump viene accolto tra le grida e gli applausi. Gli Stati Uniti d’America hanno scelto il loro nuovo presidente, che promise di renderli grandi di nuovo e mentre Marine Le Pen e Putin si congratulano con il loro favorito, il mondo trema.

Ginevra Falciani

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