Poeti | Sandro Penna

Poeti. Un titolo essenziale per una rubrica che vuole essere essenziale. Monografie, potremmo chiamarle, se non fosse troppo ambizioso. “Consigli di lettura” forse è più corretto. Ogni autore, volta per volta, sarà presentato senza troppi fronzoli o sovrainterpretazioni, che rischierebbero di uccidere la materia vitale della poesia. L’oggetto di questa rubrica non saranno i celebri poeti che tutti conosciamo, ma quelli un po’ più nascosti, ma non meno grandi, spesso scalzati via dai programmi scolastici italiani. Senza dimenticare la produzione straniera.

Sandro Penna (1906-1977), umbro di nascita, vive gli anni più importanti della sua vita a Roma. Poeta ramingo, in un’intervista (tratta dal docu-film Umano, non umano, di Mario Schifano) lo si trova in un misero e disordinato monolocale. Con un cognome che è lo specchio di una vocazione, Penna confessa di appuntare le proprie poesie sui biglietti del bus, sui ritagli di giornale. La poesia c’è sempre, nella quotidianità di Penna, scorre davanti ai suoi occhi, ed egli non può che imprimerla, immediatamente, su qualunque superficie possa trattenersi dell’inchiostro. È proprio per questa identità tra vita e poesia che possiamo leggere l’opera di Penna come un unico grande poema, un immenso diario in versi in cui viene narrata un’unica ossessione, persistente, quotidiana: quella per i ragazzi. La poesia di Penna è monotematica: in ogni verso si può rintracciare il consueto, e inevitabile, rimando alle proprie tendenze pederastiche. I “ragazzi di vita”, che Penna declama con composta ammirazione, si muovono in liriche dall’impianto classico (versi, strofe e schemi rimici spesso regolari), comunque foriere di una poetica innovativa e originale, del tutto estranea a qualunque corrente letteraria del ‘900. Il contenuto sicuramente peculiare, nonché estremamente personale, e l’incapacità di essere ermetico o simbolista rendono perciò le poesie di Penna uniche per la produzione italiana dello scorso secolo. Un esempio di tale tendenza è senza dubbio la poesia che segue, forse la più famosa di Penna. Qui, si rintracciano la metrica regolare, gli enjambement che rimandano a Leopardi – dichiarato mentore di Penna – e l’epifania finale di un “marinaio giovane”, che sembra essere un tutt’uno col mare. E il ragazzo, per Penna, rappresenta la “liberazione improvvisa” dalle tenaglie della prima strofa (“risveglio/ triste”, “malinconia”).
Da non dimenticare, infine, il Premio Viareggio assegnatogli nel 1957. Penna ebbe tra i suoi estimatori, tra gli altri, Pier Paolo Pasolini e Giorgio Caproni.

Una poesia:
La vita… è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all’alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell’aria pungente.

Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l’azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.

Un libro: Sandro Penna, Poesie, Milano, Mondadori, 2019

Nella foto, Sandro Penna (a sinistra) con Pier Paolo Pasolini (a destra).

A cura di Federico Spagna

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