Riguardo al razzismo ideologico

Una delle ultime mattine prima dell’inizio della quarantena, arrivo a scuola e qualcuno, come spesso accade, sta volantinando all’ingresso. Viene dato anche a me un foglio, lo guardo un attimo, ma non ci presto molta attenzione. Una volta in classe, vengo a sapere da alcuni miei compagni che quella mattina erano stati distribuiti dei volantini di Lega Giovani e che si era creato un presidio di fronte a scuola per impedirne la diffusione. Mi viene raccontato di come alcuni studenti del Michelangiolo abbiano cominciato a strappare dalle mani dei ragazzi di Lega Giovani i loro volantini, con accuse del tipo “Non vogliamo i fascisti a scuola”. Nella speranza che questi racconti siano attendibili (ma conoscendo la mia scuola sono sicuramente plausibili), ho maturato una riflessione, nata lì per lì dalla mia disapprovazione per quella censura messa in atto da alcuni miei compagni ai danni di Lega Giovani. In Italia non c’è la cultura dell’avversario, ma bensì la cultura del nemico: chiunque non la pensa come me non ha margini di dialogo, pensa un italiano medio. Questo ragionamento, che si tramuta inevitabilmente in abitudine, proviene sia da destra che da sinistra, sempre che questi termini abbiano ancora senso. Nel caso specifico, un partito di destra è stato attaccato solamente in quanto di destra. Sicuramente la Lega ha posizioni discutibili riguardo all’immigrazione, la sicurezza e la politica estera, ma non per questo può essere messa a tacere, né tantomeno in una scuola, che dovrebbe insegnare che esiste la libertà di espressione, che va orgogliosamente protetta e salvaguardata. E non mi si venga a dire che la Lega è fascista o altre superficialità simili. I fascisti in Italia sono altri. Certo, Salvini ha accettato di piegarsi a Forza Nuova e CasaPound, ma una sterile opposizione quale è stata quella che è avvenuta a scuola è del tutto inutile, nonché segno di intolleranza. Paradossalmente (ma neanche troppo) è più fascista il gesto compiuto dai miei compagni che il volantino di Lega Giovani. 

La censura, del resto, è consequenziale all’incomunicabilità odierna tra fazioni diverse, se non opposte. Il dialogo è provvidenziale, come del resto aveva già fatto notare, tra gli altri, Pier Paolo Pasolini, in risposta ad un articolo di Italo Calvino in cui veniva detto che con i neofascisti non ci può essere alcun rapporto se non il loro isolamento. E il regista e poeta friulano aveva giustamente evidenziato come non sia l’emarginazione la soluzione al neofascismo. L’emarginazione del neofascista rappresenta del resto uno dei cliché della sinistra ‘reazionaria’, ossia quel genere di sinistra che, per via di soluzioni troppo semplicistiche e avventate, si ritrova catapultata dal lato opposto dello spettro politico, proprio di fianco a quei fascisti che tanto combattono. I mezzi adoperati da questa sinistra, dunque, non sono quelli corretti. Estirpare il male infatti significa conoscere, capire perché dopo il buio ventennio e la tragedia della Seconda guerra mondiale la gente si proclami ancora fascista. La censura e la discriminazione non sono espedienti efficaci, né tantomeno, e soprattutto, umani. 

Quello che io chiamo ‘razzismo ideologico’, dunque, è tutto questo insieme di contraddizioni e intolleranze che portano un uomo a rifiutare il dialogo con l’avversario. Probabilmente è per un dato fisiologico che l’uomo cerca il nemico, il capro espiatorio, sia questo fascista, comunista, democristiano e chi più ne ha più ne metta, ma non per questo tale indole va accettata, piegandosi al ragionamento troppo diffuso del ripudio verso chi non la pensa come noi. Il campanilismo politico, che d’oggi giorno scimmiotta quasi quello calcistico, è uno squallido modo di non pensare. E la nostra scuola dovrebbe capirlo.

A cura di Federico Spagna

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