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Cosa sta succedendo in America

Dopo la morte di George Floyd, l’afroamericano ucciso da un poliziotto in Minnesota, migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare. Alle proteste pacifiche dei primi giorni sono seguite numerose rivolte; il 29 maggio il commissariato di Minneapolis è stato incendiato. Da questo momento, le manifestazioni — già estese a gran parte del paese — sono state duramente osteggiate dalla polizia di molti stati, che ha ripreso a commettere violenze, come dimostrano vari filmati:

Per motivi di sicurezza, venerdì sera è stata disattivata l’intera illuminazione esterna della Casa Bianca e il presidente Donald Trump è stato portato nel bunker sotterraneo della propria residenza ufficiale. “LAW & ORDER!”, ha twittato il leader del mondo libero. “Legge e Ordine”. Così in molti hanno tracciato un interessante parallelismo con Richard Nixon, che con lo stesso slogan vinse le presidenziali del 1968, anno segnato dalle proteste per l’uccisione di M.Luther King. Ricordiamoci: anche il 2020 è anno di elezioni.

Eppure, secondo diversi analisti, le differenze con il presidente del Watergate sono troppo nette per portare a risultati analoghi:  Trump promette la guerra, Nixon offriva la pace.

Quale sia la reale strategia dell’attuale presidente per contenere le rivolte, è difficile dirlo. Certo è che, a cinque mesi dalle elezioni, egli farà di tutto per riguadagnarsi l’immagine da tough guy. Sia la visita presidenziale con Bibbia e fumogeni di Lunedì alla St. John’s Church, sia la minaccia di inserire ANTIFA nella lista delle organizzazioni terroristiche sono da intendersi proprio secondo questa prospettiva. Poco importa se le intimidazioni sono illegittime (come nel caso di ANTIFA): tutto il mondo ha parlato per giorni della sfrontata fermezza di Trump.

Intanto, dall’altra parte del globo, a condannare Trump sono l’Iran e la Cina, due stati che stanno sfruttando le proteste a scopi apertamente propagandistici. L’obiettivo è sempre quello di delegittimare il modello americano in favore della propria struttura autoritaria.

Il ministro degli esteri iraniano, Javad Zarif, ha twittato lo screenshot una dichiarazione del segretario di stato americano Mike Pompeo risalente al 2018, opportunamente modificata.

Il documento ostentava la pessima leadership iraniana rispetto alle proteste avvenute tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, che Zarif ha riproposto scambiando i termini.

Pechino, allo stesso modo, ha accusato Washington di favoreggiare i rivoltosi di Hong Kong, ma di non essere poi in grado di gestire l’attuale situazione interna. Xi Jinping, inoltre, mostrando sui media cinesi il caos statunitense, ricorda ai propri connazionali quanto le insurrezioni siano un segnale di disordine e non di armonia.

Infine, tornando agli Stati Uniti, è notizia di ieri sera l’arresto dei quattro poliziotti coinvolti nella morte di George Floyd. Le proteste continueranno ancora, ma il Pentagono ha confermato che l’esercito non verrà dispiegato contro i manifestanti.

[ngg src=”galleries” ids=”2″ display=”basic_imagebrowser”]A cura di Tommaso Becchi e Luca Parisi

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