I ragazzi del Miche al rientro dalle vacanze, ormai un paio di giorni fa, hanno ricevuto un caloroso benvenuto da un comunicato, divulgato dalla preside con l’intento di mettere al corrente la comunità scolastica di un fatto preoccupante: l’istituto è stato soggetto ad atti di vandalismo nazista. Prima l’episodio efferato di squadrismo, adesso lo sfregio nostalgico: la nostra scuola sembra proprio non riuscire a trovare tregua. Da quasi due anni ogni volta che il Miche compare su una testata giornalistica non è dipinto in buona luce e, anche oggi, non si smentisce affatto. Siamo passati dall’essere le zecche rosse coinvolte in “risse tra studenti” in Via della Colonna, all’essere accusati in quanto “gruppo di facinorosi estremisti”; e nonostante tutto, secondo l’opinione di molti, continuiamo a rappresentare l’epitome della Firenze bene. E’ stato perpetrato un atto di notevole gravità, che ha portato giornalisti e non solo ad ammonire noi, studentesse e studenti del Miche, che tutto ciò sia uno spunto di riflessione; e, in qualità di membri della comunità studentesca chiamata a ‘riflettere’, abbiamo riflettuto.
Quello del Liceo Michelangiolo è stato definito un “caso” su cui i giornali a quanto pare “non si possono esimere dal fare qualche considerazione”. Noi ci siamo chiesti se lo sia davvero o se, piuttosto di presentare i fatti accaduti con nitidezza e rigore giornalistico, il vero significato di questi sia stato fatto ricadere sulla scuola e la sua immagine. Ci sorge spontanea una supposizione, però: che sia profittevole e vantaggioso presentare sulla prima pagina il nome della nostra scuola, presentandola come un’istituzione che ancora vive in un passato d’onore e prestigio, purché avviata a un processo di decadimento. La realtà, completamente ignorata da tutti, è che siamo rimasti gli unici studenti in tutta Firenze a vivere una scuola politicizzata: e ciò al contempo attrae e spaventa.
Forse è per questo motivo che una parte delle testate giornalistiche di Firenze ha presentato l’accaduto con termini iperbolici e drammatici – ad esempio, è parso appropriato definirlo “raid”. Ma alcuni si sono davvero superati: è probabile, secondo loro, che a compiere un gesto del genere siano stati i ragazzi. Appellarsi alla comunità scolastica poiché non è ancora stato trovato chiunque possa aver compiuto un tale gesto è ingiusto; sostenere che il colpevole faccia parte della stessa, senza alcuna prova che motivi le proprie supposizioni, lo è ancor di più. Certo questo avvenimento non può e non deve passare inosservato agli occhi degli studenti, né a quelli di chiunque altro. Il Miche aborrisce davanti all’odio nazista e alla manifestazione, sotto qualsiasi forma, di esso. Che sia stato fatto per ‘scherzo’ o che abbia avuto un significato politico profondo ancora non si può dire con certezza, ma in entrambi i casi la gravità del gesto è eclatante e irrefutabile.
È importante che la scuola si dimostri unita davanti a queste accuse, perché nonostante le divergenze ideologiche il Miche è e rimane sempre un luogo libero e democratico, che ripudia e condanna atti di intolleranza come questo e si dichiara antifascista. Ora che quel che è successo è successo, l’unica cosa che possiamo fare è dimostrare che la nostra realtà politica di scuola non è stata abbattuta. Questa, insieme alla fiducia nei valori democratici e alla piena consapevolezza di cosa sia giusto e cosa non lo sia, è stata solo rafforzata. In conclusione, ciò che è accaduto non ci rende sistematicamente succubi, vittime o addirittura coinvolti in una colpa che sicuramente non ricade sulla scuola in se’. Ciononostante, ci rende involontari spettatori sia di un odio nostalgico e nemico, che di falsità spacciate come innocenti opinioni, adatte a un giornale e a chi su esso si vuole informare.
A cura di Agnese Tozzi
Alla fine degli anni Ottantai una incursione analoga, pare attuata d’impeto dopo aver scoperto il portone rimasto aperto, finì con insulti vari ai docenti e una grossa scritta in cui si asseriva che il preside di allora, l’ectoplasmico Nunzio Marchese, si dava a pessime abitudini nel chiuso della presidenza. Dalla quale in effetti usciva pochissimo, anche perché in inverno il riscaldamento gli assicurava ventitré gradi buoni mentre nel resto dello stabile faceva un freddo cane.
La differenza è che nessuno mise in mezzo le gazzette[*], e soprattutto la recente novità che da Roma hanno stanziato fondi affinché le amministrazioni locali infarciscano di telecamere i paraggi delle scuole.
Chi di dovere non poteva augurarsi pretesto migliore: oltre all’insihurézza e a i’ddegràdo, adesso c’è anche la minaccia all’agibilità democratica.
[*] A differenza delle scritte a contenuto politico che rimanevano sui muri per diversi mesi e di quelle non politiche che ci rimanevano per anni -caso limite un cazzo a penna biro a grandezza tripla del normale che doveva aver richiesto diverse ore di lavoro accurato, che campeggiò per quasi un lustro in un angolo appartato degli spogliatoi- le nefande caricature e i pesantissimi insulti vergati a spray dagli incursori sparirono il giorno stesso.