Il 25 novembre è riconosciuto a livello internazionale come la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Nel 1999 l’Assemblea delle Nazioni Unite scelse questo giorno per onorare le sorelle Mirabal- Patria, Minerva e Maria Teresa.
Le tre donne erano attiviste domenicane che, opponendosi al dittatore Rafael Trujillo, formarono un gruppo chiamato Movimento del 14 giugno, giorno in cui Patria assistette a un massacro. Il 25 novembre 1960 Las Mariposas, nome con cui erano conosciute le ragazze mentre andavano a trovare i mariti in carcere, furono fermate dagli agenti della polizia segreta di stato e poi uccise. La sorella più piccola, Dedé, si impegnò a mantenere vivo il ricordo delle tre sorelle e così anche noi oggi portiamo avanti la sua missione onorando il contributo e i sacrifici di queste tre donne. Inoltre, la giornata di oggi segna anche l’inizio dei “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere”.
La libertà delle donne è continuamente sotto attacco e qualsiasi scelta viene costantemente giudicata. Sempre più frequenti sono le violenze di genere, come la negazione di un contraccettivo o di un’operazione di aborto.
Solo nel 2016, in Italia, vi sono state 117 donne vittime di violenze. Secondo uno studio ISTAT, ogni tre giorni una donna muore dopo essere stata violentata. I dati rivelano anche che la Lombardia è al primo posto per decessi causati da molestie sessuali con diciassette vittime dall’inizio dell’anno, seguita da Emilia Romagna con quattordici e Veneto con dodici. Inoltre, bisogna tenere conto anche delle donne vittime di stalking che ammontano a circa 16,1% della popolazione femminile.
Per celebrare la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne il 26 novembre si svolgerà a Roma la manifestazione Non una di meno. Occorre quindi mantenere vivo il ricordo di tutte quelle donne vittime di violenza affinchè non vengano mai dimenticate e essere ancora più unite contro la violenza che ogni giorno tenta di reprimerci.
Spesso sentiamo dire “non è uno sport per una ragazza” o “ma è vestita così, cosa pretendeva?” o ancora “se l’è cercata” senza renderci conto che questa è violenza di genere. E questa violenza, come tutte le altre, deve finire.
A cura di Giulia Sassoli