Il diritto di opporsi è un film del 2019 di Destin Daniel Cretton, regista de Il castello di vetro. Il film è basato su una storia vera raccontata da Stevenson nel libro “Just Mercy”, ed è il resoconto di una battaglia contro l’ingiustizia e il razzismo.
La trama di questo film è ambientata a Monroeville, Alabama, nel 1987, dove esiste ancora forte discriminazione razziale e proprio per questo Bryan Stevenson (interpretato da Micheal B. Jordan), un giovane afroamericano laureato in legge ad Harvard, pur avendo l’occasione di far carriera nel Nord America, decide comunque di andare a lavorare in Alabama per difendere i condannati a morte a cui, per la maggior parte neri, non è sempre stato concesso di difendersi e né hanno potuto beneficiare di processo regolare ed equo; tra quest’ultimi è presente Walter McMillian (interpretato da Jamie Foxx) ritrovatosi nel braccio della morte, una speciale sezione (presente solo negli Stati Uniti d’America) di alcuni carceri di massima sicurezza in cui vengono reclusi, anche per decine di anni, i detenuti condannati a morte in attesa dell’esecuzione. McMilian è stato accusato e incarcerato ingiustamente e soprattutto senza prove sufficienti per poterlo accusare se non con una misera testimonianza, peraltro ottenuta grazie al ricatto, dell’omicidio di una ragazza 18enne bianca di nome Ronda Morrison.
L’aspetto più interessante di questa pellicola è proprio come il razzismo possa essere talmente radicato nella cultura della comunità da tramandarsi di generazione in generazione, raggiungendo perfino qualsiasi livello di status sociale e d’istruzione. Non solo i detenuti che Bryan Stevenson assiste, ma anche lo stesso giovane avvocato arriva a subire episodi di discriminazione per il colore della sua pelle, fin dal suo primo incontro/scontro con le forze dell’ordine locali quando deve mettere piede per la prima volta nella prigione di Holman, dove si trova Walter, e viene sottoposto a un’umiliante perquisizione, in cui è costretto a spogliarsi completamente ed al di là del fatto già in sé e per sé raccapricciante, vanno guardati bene gli occhi della guardia che lo sottopone a tanto e che nel mentre sta fermo a guardare con un misto tra superiorità, sufficienza e divertimento. Ed è su questa comune voglia di rivalsa, di lottare strenuamente contro l’ignoranza e la corruzione, che si poggia il rapporto con Walter McMillian, all’inizio riluttante all’aiuto offerto dall’avvocato, perché deluso dopo i tanti tentativi a vuoto fatti in precedenza. Sentimento simile a quello della sua famiglia e dell’intera comunità nera dell’Alabama, ormai rassegnata e a cui Stevenson cerca, a tutti i costi, di ridare nuovo vigore e speranza.
Questa storia punta ad avere un rapporto empatico con lo spettatore: perché Bryan fa tutto questo? Perché si dedica a queste cause dimenticate da tutti invece di pensare a trarre profitto dal suo lavoro? Perché, quando è ancora uno studente di legge in stage, nel braccio della morte della prigione di stato della Georgia incontra Henry Davis, un condannato a morte. Henry era come lui, stessa età, stesse origini e stesse passioni, la musica e il canto. E così capisce che al posto suo avrebbe potuto esserci lui stesso, rimane scosso, e decide che dedicherà la sua vita e il suo lavoro a persone come Henry.
La scena più cruda di tutto quanto il film è molto probabilmente quella dell’esecuzione di Herbert Richardson, altro detenuto di Holman che dopo anni di reclusione e nessun processo in cui lui potesse difendersi delle accuse non veritiere viene sottoposto alla sedia elettrica, uno strumento per la pena capitale a dir poco terribile e disumano.
In conclusione Il diritto di opporsi è un film che vuole mandare un chiaro messaggio al pubblico: che qualunque cosa accada, bisogna sempre lottare per la propria giustizia, che bisogna parlare anche quando ci impediscono di farlo ed è proprio per questo che consiglio a tutti la visione di questo film
A cura di Diletta Donati
L’opposto di povertà non è ricchezza, l’opposto di povertà è giustizia”
Bryan Stevenson