Intervista esclusiva a Dario Nardella

Sindaco Nardella, è soddisfatto dei risultati ottenuti alle ultime elezioni amministrative?

Direi di sì, anche oltre le mie aspettative. Si sentiva nell’aria che avremmo potuto vincere al primo turno, ma con una percentuale così alta non me lo aspettavo e mi fa enormemente piacere.

 

Negli ultimi anni, nonostante che i crimini commessi sul suolo italiano stiano diminuendo in modo impressionante, la percentuale di cittadini “preoccupati” continua a salire. Avendo concesso in campagna elettorale così ampio spazio alla questione “sicurezza urbana” in un periodo – di fatto – sicuro, non teme di aver alimentato inutilmente le preoccupazioni dei cittadini?

Io credo che il problema della sicurezza sia non solo a livello reale ma anche di percezione. Quando parlo con i cittadini, però, sono a loro a pormi i problemi della sicurezza: non è un’idea che nasce da un mio personale convincimento ma dall’ascolto delle persone. È vero, queste sono spesso spaventate più da una percezione d’insicurezza che da un’insicurezza effettiva. Tuttavia, da sindaco, mi chiedo perché non dovrei ascoltare le percezioni; se qualcuno è preoccupato mi devo porre il problema del perché. Non credo, quindi, di aver dato uno spazio sproporzionato ai problemi della sicurezza.  Se ho vinto è evidentemente perché ho fatto bene a non nasconderlo. Ma, d’altra parte, ho anche proposto delle soluzioni diverse rispetto a quelle di altri partiti politici, che invece lucrano sulla paura delle persone senza dare soluzioni. Non si deve spaventare la gente, la si deve rassicurare con proposte concrete ed equilibrate, non indicando l’immigrato come il nemico ma stabilendo il principio della legalità. La sicurezza può essere garantita anche con la cultura, la socialità e una maggiore presenza di forze dell’ordine, ma non con atteggiamenti illiberali o finalizzati solamente a spaventare.

 

Oltre a quella ampia porzione di cittadini “impauriti” molti altri denunciano un problema di degrado in città. Pensa che ci sia effettivamente un’emergenza?

Non parlerei di emergenza. Firenze ha un buon livello di qualità della vita e di manutenzione del patrimonio pubblico, se la devo confrontare con altre città italiane. Questo non significa che ci si debba accontentare: si può fare di più sul decoro, anche se alcuni risultati li abbiamo portati a casa: abbiamo riqualificato piazze, aperto un parco nuovo (come il Parco del Mensola), cambiato quasi tutta l’illuminazione della città, che porta non solo bellezza ma anche, appunto, decoro. Certamente bisognerà fare un lavoro più intenso sul fronte della bellezza della città. Il recupero del patrimonio culturale è inoltre importante: abbiamo recuperato le rampe di San Niccolò, un complesso architettonico e storico straordinario. Anche questo significa combattere il degrado. E mi piacerebbe che su questa parola si facesse una discussione seria: a volte la si usa come un modo per criticare genericamente. Il degrado è anche umano, non solo materiale: potrebbe essere rappresentato da una persona malata per strada e dall’indifferenza della gente che passa.

 

Parliamo di Via de’ Neri. Perché vietare di consumare del cibo – l’azione più normale che si possa fare – in una strada del centro, se, come ha detto lei stesso, Firenze non è una “città-vetrina”?

È vero, Firenze non è una città vetrina: la dobbiamo usare come casa nostra. Neanche da ragazzo ho mai mangiato un piatto di pasta a terra e per casa, con la bottiglia di vino che cade e che poi lascio lì e non pulisco. Se noi pensiamo che le strade e i marciapiedi della città siano come casa nostra, dovremmo solo chiedere rispetto. Nella mia ordinanza di via de’ Neri si può mangiare, stando però in piedi o sedendosi da qualche parte – abbiamo anche messo delle panchine in Piazza San Firenze – ma non sdraiandosi al suolo e lasciando bottiglie e bicchieri.

 

Come pensa di risolvere il “fenomeno bnb”, causa dell’aumento dei prezzi nel mercato immobiliare e di conseguenza dello spopolamento del centro storico?

Questo è un tema interessante ma va analizzato con attenzione. Una cosa è la signora anziana che affitta ai turisti il suo appartamento in centro per pagare gli studi al nipote, un’altra è l’agenzia che possiede 20 o 30 appartamenti in centro per fare business e basta. Dobbiamo trovare le soluzioni giuste ai problemi giusti, che spesso sono molto diversi tra di loro. È anche vero che manca una legge dello stato che dia al sindaco il potere di bloccare i bnb. La prima cosa che faremo, quindi, sarà quella di mettere attorno a un tavolo i proprietari degli appartamenti, i providers delle piattaforme internet come Airbnb e anche i residenti. Alcune città hanno trovato delle soluzioni innovative, come limitare i giorni di affitto o il numero di alloggi che si possono affittare. Se una persone ha 20 appartamenti in centro e li affitta tutti, non può essere considerato come un normale privato ma assomiglia più a un’azienda e dovrà di conseguenza stare alle regole fiscali di quest’ultima. Le risoluzioni possono essere tante: dobbiamo confrontarci e trovare quelle più adatte. Questo fenomeno va senza dubbio combattuto. Penso di riportare la residenza in centro oltre all’uso di strumenti che limitano con incentivi, dando per esempio aiuti per gli affitti ai giovani che vogliono vivere in centro o individuando degli immobili di proprietà del comune, come farò a Santa Maria Novella, da dare ad affitto calmierato. Infine è anche doveroso migliorare il servizio pubblico e il commercio di vicinato, che possono incoraggiare i cittadini a rimanere in centro e non andar via.

 

Abbiamo già parlato della sicurezza in termini fisici, ma che provvedimenti sono stati (e saranno) presi in relazione alla sicurezza sociale, considerando che negli ultimi dieci anni in Toscana gli individui che vivono in povertà assoluta sono raddoppiati?

Si deve certamente andare avanti sul fronte dell’aiuto agli anziani, dai quali proviene il problema della povertà e della solitudine. Vanno presi dei provvedimenti che riguardano l’assistenza domiciliare, che va potenziata, oppure la possibilità di realizzare appartamenti per gli anziani soli, facendoli vivere anche con i giovani, come vorrei fare a Montedomini, dove vorrei creare un centro culturale per gli studenti, in modo che questi possano fare compagnia gli anziani. Vogliamo anche predisporre un piano per la casa; ne abbiamo già fatto uno da 56 milioni di euro, che ha dato delle risposte a tante famiglia povere che vivono in emergenza sociale. Abbiamo un progetto ambizioso di 400 milioni euro da realizzare con fondi privati, di fondazioni bancarie e soprattutto pubblici, dallo Stato, dall’Unione Europea, dal comune e dalla regione. Attraverso questo progetto abbiamo intenzione di prevedere un mix di misure: contributi per gli affitti quando questi sono troppo cari e le famiglie non riescono a sostenerli; l’aumento di case popolari a disposizione; il socialhousing con immobili a prezzi calmierati sotto il valore di mercato. Possiamo inoltre combattere la povertà creando unità di lavoro, aumentando le possibilità per i giovani (specialmente quelli che vivono in condizioni sociali ed economiche disagiate) di trovare occupazione.

 

Esiste un piano del Comune per inserire i giovani nel mondo del lavoro e per arginare la precarizzazione?

Non abbiamo competenze particolarmente incisive sul fronte del lavoro perché questo settore riguarda soprattutto il Ministero del Lavoro, tuttavia possiamo fare alcune cose. Possiamo dare l’opportunità agli studenti di ascoltare, incontrare e conoscere il mondo del lavoro per quanto riguarda la nostra città: capire quali siano le opportunità migliori e farli quindi orientare meglio nei loro studi universitari o nelle scuole superiori. Possiamo far cominciare un’attività di orientamento già molto prima, invece di farla all’ultimo momento, durante l’ultimo anno delle scuole superiori o addirittura dopo. Possiamo aumentare l’opportunità di spazi dedicati al co-working, così da consentire ai giovani di costruire imprese proprie. Abbiamo avuto un’esperienza che ha avuto successo nello Student Hotel e faremo altri progetti simili nella vecchia Caserma Cavalli in Oltrarno e anche nell’aerea del “buco” Belfiore. Queste attività possono avere anche costi calmierati grazie a un contributo dell’amministrazione pubblica. Ciò vale anche per la promozione degli spin-off e degli incubatori, così da consentire ai giovani che escono dall’università di tradurre le loro idee e i loro progetti in imprese vere e proprie. Poi riuniremo periodicamente tutte le grandi aziende del territorio metropolitano, come abbiamo già fatto, per capire bene qual è la domanda di lavoro che sono in grado di esprimere e farla coincidere meglio con l’offerta. Infine è necessario lavorare sulle scuole superiori. Ci sono molti istituti orientati alla formazione di professioni manuali e tecniche che meritano più attenzione, senza tralasciare le scuole delle materie più teoriche, come il liceo classico, per le quali è fondamentale garantire un rapporto più diretto e continuativo con il mondo universitario e lavorativo. Si tratta di fare gioco di squadra, ascoltando le imprese e cosa esse propongono e attivando nuovi strumenti di formazione professionale o di introduzione al lavoro.

 

Passando alle tanto discusse grandi opere; gli abitanti della Piana sostengono che un nuovo aeroporto stravolgerebbe decenni di pianificazione urbanistica da tempo volta a non danneggiare il suolo in un’area delicatissima dal punto di vista idrogeologico e ambientale. Come risponde loro?

Rispondo che non è vero; ci sono stati degli studi di tecnici e anni e anni di valutazioni e il Ministero dell’Ambiente ha dato una riscontro d’impatto ambientale positivo con una serie di prescrizioni. Io credo che non si debbano demonizzare le opere pubbliche perché servono a creare posti di lavoro e a dare sviluppo. Si può garantire la sostenibilità ecologica senza bloccarle, perché l’ambiente ha valore per tutti. In realtà il dato che preoccupa gli abitanti di Sesto è quello di avere gli aerei sopra la loro testa, ma io vorrei che quelle persone si preoccupassero anche di quelle di Brozzi, di Quaracchi e di Peretola, che hanno la stessa dignità eppure il Sabato, la Domenica, un giorno festivo, a Ferragosto e a Capodanno dalle 6:30 del mattino alle 1 di notte hanno gli aerei a 100/150 metri d’altezza sulla loro testa. Devo preoccuparmi anche di loro. Con la nuova pista dell’aeroporto le famiglie interessate dall’inquinamento acustico e dalla vicinanza degli aerei in sorvolo saranno un decimo di quelle di oggi e la pista sarà orientata in modo da non far sorvolare Firenze, Prato e Sesto ma di farli soltanto “sfiorare” nella parte più marginale.Penso che lo sviluppo delle infrastrutture sia necessario. Guardo ai paesi del Nord Europa che sono molto attenti all’ambiente, ma possiedono aeroporti molto più sviluppati di quelli del nostro Paese. Lo sviluppo non è nemico dell’ambiente, si tratta di tenere insieme le due cose.

 

La presenza del PD a Firenze è una delle più forti in Italia. Quale potrebbe essere, secondo lei, un modo per portare tutto il Paese a questo risultato e affrontare l’ondata nazional-sovranista?

Bisogna creare una nuova organizzazione sul territorio del PD, nel mezzogiorno e anche nelle altre regioni, poiché bisogna ripartire dai rapporti umani, dal coinvolgimento dei giovani, dalla formazione politica. Io ho proposto un piano nazionale per creare una scuola di formazione politica in ogni provincia italiana, per far comprendere che la politica ha bisogno di competenze e di passione. Non si può improvvisare il mestiere dell’amministratore pubblico, del ministro o dell’uomo politico, perché richiede serietà, onestà, competenza, dedizione. L’organizzazione e la formazione politica, quindi, prima di tutto. Dobbiamo inoltre prendere in mano battaglie nuove e forti, come per esempio quella per l’ambiente. Penso che il PD debba essere il primo partito in Italia per energia e per sforzo verso le politiche ecologiche. Ci vuole un grande piano nazionale sulla raccolta differenziata, che in alcune regioni è vergognosa: esistono ancora discariche, ma fuori dall’Italia non se ne trovano più. Bisogna puntare a delle forme moderne per riutilizzare i rifiuti; penso all’economia circolare, a come si possono modificare i sistemi di produzione delle nostre industrie, a come ridurre i consumi, alla promozione delle fonti energetiche alternative, alla lotta contro la plastica, a come sarebbe entusiasmante l’obiettivo di fare dell’Italia il Paese più plastic-free d’Europa. Ecco, il PD potrebbe, anzi dovrebbe, prendere in mano la bandiera dell’ambiente e fare di questa uno dei suoi punti più forti, come altri valori, tra cui la legalità. Questa va declinata in tutti i sensi, non la si può soltanto associare al problema dell’immigrazione. Vige la criminalità organizzata, l’inciviltà delle persone: non si insegnano più i principi basilari del rispetto neanche a scuola. La legalità è un valore profondo che va ben oltre il semplice tema della sicurezza, ma riguarda proprio il modello di società che vogliamo. E questa è un altro obiettivo che il PD può prendere in mano. Infine parlerei del modo di comunicare. Il Pd deve avere una comunicazione semplice, diretta, chiara. Non si riesce mai a dire un “no” su alcune cose e un “sì” su altre. Le persone hanno bisogno di chiarezza, proprio perché in questo modo il Partito si darebbe un profilo più evidente. Se chiedo a qualcuno cosa pensa Salvini dell’immigrazione e della sicurezza tutti lo sanno, perché Salvini al suo mondo parla chiaro. Noi invece non lo siamo abbastanza su tutti i temi: siamo per la decrescita felice o per la crescita sostenibile? Per governare l’immigrazione o per far finta che tutto vada bene o male? Per la TAV o contro la TAV? Siamo per l’ambiente o pensiamo che il traffico nelle nostre città vada bene?

 

Intervista a cura di Tommaso Becchi, Francesco Ciandri e Luca Parisi

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