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La scuola e le emergenze, dall’influenza spagnola alla seconda guerra mondiale

Gli studenti nell’ultimo anno hanno dovuto “combattere” contro la DAD a causa dell’emergenza sanitaria globale. Ma nella storia le scolaresche hanno mai abbandonato i banchi di scuola? No, anche nei momenti più difficoltosi le autorità decisero che la scuola doveva continuare a funzionare “dal vivo”. 

Tra il 1918 e il 1920, quando si diffuse la terribile epidemia causata dall’influenza spagnola, la scuola rimase aperta; ricordiamo però che l’ordinamento scolastico dell’epoca prevedeva la frequenza scolastica fino alla quinta elementare e che esimeva dall’obbligo scolastico chi abitava a 2km dalla scuola.

Anche durante la Seconda guerra mondiale la scuola funzionò quasi regolarmente. Allorché il 10 giugno 1940 Mussolini annunciava che l’Italia sarebbe entrata in guerra contro Inghilterra e Francia, gli studenti erano già in vacanza: infatti a causa dell’incipiente conflitto l’anno scolastico era terminato il 30 maggio, in anticipo rispetto al normale. L’estate trascorse e dopo la caduta della Francia si rientrò a scuola regolarmente.              

Nel 1941 si cominciarono a regolamentare, riducendoli al minimo, i consumi, compreso quello della carta! 

La prima interruzione delle lezioni avvenne nel gennaio 1942, quando le vacanze invernali vennero prolungate fino al 18 gennaio per ridurre il consumo del combustibile impiegato nel riscaldamento. A febbraio giunse una nuova limitazione: niente gite scolastiche. 

Il successivo anno scolastico iniziò in anticipo per consentire due mesi di sospensione scolastica invernale, riducendo così le spese del riscaldamento. 

Nell’estate 1943 in Sicilia, a causa dello sbarco anglo-americano, vennero cancellati gli esami di Stato e chiuse in anticipo le scuole; mentre al Nord l’anno si svolse regolarmente, a parte la chiusura delle scuole che venne anticipata al 2 maggio. 

Dal 1944 le scuole non tennero più conto delle assenze scolastiche e diedero la possibilità agli alunni di portare avanti gli studi anche in maniera individuale, così da evitare eccessive difficoltà. Nel Sud già liberato la scuola cercava di riorganizzarsi, anche se mancavano molti insegnanti, vittime della guerra.

Dopo la liberazione nell’aprile 1945 la Scuola era da ricostruire dalle fondamenta, in senso letterale e figurato, come il resto del paese. Ha però avuto il merito di aver portato in classe gli studenti anche nel periodo più buio, e anche a costo della vita. 

Ricordiamo a tal proposito episodi come la strage avvenuta il 20 ottobre 1944 a Milano nel quartiere Gorla. La città era sotto il tiro delle bombe delle forze anglo-americane, il cui obiettivo era distruggere le strutture siderurgiche al servizio dell’industria bellica come la Breda, situata nella periferia di Milano. Quella mattina 18 bombardieri americani, con a bordo 10 bombe da 220 kg ciascuna, per un errore della rotta si trovarono a sorvolare Gorla invece che gli stabilimenti Breda. Gli aerei capirono lo sbaglio, ma per l’incolumità dell’equipaggio, poiché le bombe già innescate non potevano essere riportate indietro, il comandante ordinò di liberarsene subito. Così alle 11:29 il quartiere di Gorla fu colpito da oltre 37 tonnellate di esplosivo, che distrusse le case, i negozi e la scuola, dove morirono 184 bambini, insegnanti ed alcuni genitori che erano accorsi per salvare i propri figli.

Per quanto spiacevole sia la didattica a distanza, sia per noi studenti che per i professori, dobbiamo prendere atto che grazie ai livelli raggiunti dalla tecnologia abbiamo avuto la possibilità di portare avanti i nostri studi e mantenere un legame, seppur molto artificioso e complesso, con la scuola e i compagni.

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