Perché i classici

Con la nascita dei nuovissimi fantasy, urban fantasy e teen fiction i libri classici vanno sempre di più a scomparire. Nonostante la suspence, l’avventura, la scrittura veloce e incalzante dei romanzi più recenti siano dei pregi, i classici sono unici e irripetibili. Purtroppo, i libri classici, spesso considerati noiosi e soporiferi, vengono letti solo come compito per la scuola o sotto l’obbligo di genitori, zii o nonni. Io, che sono cresciuta e sto crescendo leggendo classici per bambini e ragazzi, non posso che difendere questo tipo di libro. Non capisco la repulsione che i ragazzi della mia età hanno verso i romanzi classici: anche se la scrittura di questi libri è più lenta di quella dei volumi più attuali e ci sono più descrizioni, la maggioranza dei classici tratta temi profondi e importanti, è redatta da grandi scrittori ed è stata letta e amata da generazioni e generazioni prima di noi. Nonostante io adori libri recenti e scrittori contemporanei, i classici fanno parte della mia storia e non posso “abbandonarli”.
Italo Calvino afferma che “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che deve dire”. In parole più semplici, ogni volta che si rilegge un classico si trova un significato differente da quello della volta precedente. Guido Sacchi, invece, dice che i classici “sono quelli che nella storia hanno contato di più”. La frase di Sacchi apre un’altra domanda: un classico deve essere universale, deve essere “classico” per tutti? Per esempio, “La divina commedia” di Dante è un classico della storia italiana, ma non di quella americana. Nello stesso modo, un libro può essere classico nella storia di qualcuno e non in quella di qualcun altro. Perciò, nello scaffale della mia libreria dedicato ai classici sono presenti anche opere di Marie-Aude Murail o di Bianca Pitzorno, anche se non sono ritenuti classici da tutti.
I “miei” classici non sono molti: ”Storia di Iqbal”, “Il signore degli anelli”, “Mio fratello Simple” e “Piccole donne” sono i migliori, secondo me.
“Storia di Iqbal” di Francesco D’Adamo racconta la vita di Iqbal Masish, un ragazzo pakistano che viene venduto dal padre a dei fabbricanti di tappeti. Da allora Iqbal sarà sfruttato e obbligato a lavorare per meno di una rupia a giorno. Il ragazzo, nonostante la situazione in cui vive, si batte per i diritti dei bambini e si ribella ai padroni. Iqbal è stato ucciso il 16 aprile 1995 mentre stava ,finalmente, giocando con i suoi amici. La storia, realmente accaduta, viene narrata da Fatima, una compagna di lavoro e amica di Iqbal.
Tutti conosciamo “Il signore degli anelli”: chi non ha mai visto i lunghissimi film diretti da Peter Jackson? Ma non in molti hanno letto gli altrettanto lunghi libri di J.R.R. Tolkien. “Il signore degli anelli” è un volume composto da un’introduzione, 62 capitoli e 6 appendici per un totale di 1359 pagine. Nonostante l’altezza, è abbastanza scorrevole e si legge bene.
“Mio fratello Simple”, scritto da Marie-Aude Murail, sensibilizza sul tema della disabilità: Simple ha 23 anni anagrafici e 3 mentali. Vive con suo fratello minore e altri quattro coinquilini, i quali scoprono che Simple, pur essendo diverso, non è “poi così idiota”, come sottolinea uno di loro.
“Piccole donne” è un classico per bambini di Louisa May Alcott. Si articola in quattro libri: “Piccole donne”, “Piccole donne crescono”, “Piccoli uomini” e “I ragazzi di Jo”. Narra la storia della famiglia March durante la Guerra d’Indipendenza americana: le quattro sorelle riusciranno a diventare delle “brave piccole donne”, come le definisce il padre arruolato nell’esercito come cappellano?
 Quindi, perché leggere i classici? Forse la risposta è soggettiva: c’è chi legge questo tipo di libri per un motivo e chi per un altro. Io leggo i libri classici per le descrizioni spettacolari, per i personaggi che sono così simili alle persone reali, per i veri sentimenti che mi fanno provare, per le storie che non invecchiano mai. Sarò sentimentale e antiquata, ma anche i classici mi hanno reso chi sono ora. Non so come sarei se mia madre non mi avesse regalato “Piccole donne”, perciò devo ringraziare lei e i classici: queste antiche, semi-sconosciute opere d’arte.

A cura di Elisa Salvadori

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