Anno 2015: Nessuno ci credeva. Donald Trump è diventato il candidato per la corsa alla Casa Bianca del Partito Repubblicano, vincendo le primarie contro una ventina di rivali. Nel frattempo Hillary Clinton, già segretario di Stato e moglie dell’ ex presidente Bill, sconfigge Sanders nelle primarie del Partito Democratico.
Anno 2016: Donald Trump conduce una campagna elettorale caratterizzata da colpi bassi ed esprime le sue “innovative” idee politiche dai tratti razzisti e misogini… divenendo l’apoteosi della “democrazia recitativa” descritta dal filosofo politico Emilio Gentile (vedi: Il capo e la folla, 2013, Laterza).
Hillary Clinton spende più di ogni altro presidente per la propria campagna elettorale: pacata, oggettiva e attinente ai fatti reali. La sua lista si chiama: “Strongher Together”. Vince tutti i confronti televisivi contro il rivale repubblicano Trump e i sondaggi la danno per favorita.
Settembre 2016: Dopo il MailGate, a pochi giorni dall’elezioni americane, Hillary Clinton assiste alla riapertura da parte dell’FBI delle indagini a suo carico. Tutti i sondaggi,comunque, la danno di gran lunga favorita, addirittura dai 5 ai 7 punti avanti al tycoon newyorkese. Dopotutto lei ha una grande esperienza in politica e rappresenta la continuità con il progressista governo Obama.
8 Novembre 2016: Ovviamente Donald Trump vince le elezioni, acquistando anche la maggioranza assoluta alla Camera e al Senato.
20 gennaio 2017: E’ il giorno dell’Inauguration Day. Trump saluta il presidente uscente Barak Obama e la moglie Michelle con sincera ipocrisia: “Siete stati fantastici”.
21 gennaio 2017: Trump inizia lo smantellamento dell’ ObamaCare
, la riforma sanitaria voluta fortemente da Obama, con un decreto rivolto alle agenzie governative teso a limitare drasticamente i costi per il sistema sanitario nazionale.
27 gennaio 2017: Nel giorno i cui si ricordano i morti per discriminazione raziale, etnica e religiosa del nazismo, Trump vara un decreto dal miope risvolto razzista : tutti i siriani non possono più mettere piede negli USA fino a nuovo avviso. Abitanti di Iran, Iraq, Yemen, Somalia, Sudan, Libia e altri paesi a maggioranza mussulmana non possono entrare negli Stati Uniti per 90 giorni. Espulsione immediata per gli stessi che si trovano sul suolo americano. Sospensione per quattro mesi dell’ambizioso sistema di accoglienza degli immigrati introdotto negli anni ottanta che ha permesso l’ingresso nel paese di 2.5 milioni di persone. Era stato sospeso solo una volta negli ultimi trent’anni (dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001) e per un tempo molto inferiore.
Il decreto innalza manifestazioni di protesta il tutta l’America, blocca numerosi voli aerei e danneggia le compagnie aereoportuali, viene criticato da Onu, Nato, Unione Europea,governi nazionali ,multinazionali etc.
Un giudice decide di non voler rimpatriare alcuni immigrati e provoca l’ira di Trump.
31 gennaio 2017: Il Ministro della Giustizia, Sally Yates, non difende quello che ormai suona come “Decreto Trump” e viene prontamente licenziata dal presidente. La motivazione? “Ostacolava il bando degli immigrati”.
Le proteste continuano. Un milione di britannici firma una petizione contro la visita di stato di Trump nel Regno Unito. Proseguono incalzanti le critiche da mezzo mondo,ma “The Donald” pare non dare molta importanza a queste cose. Preparate mattoni e calce, c’è un muro da costruire.
A cura di Matteo Abriani