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MicheLiber | I mandarini, di Simone de Beauvoir

All’indomani della liberazione di Parigi, un gruppo di intellettuali si riunisce per festeggiare. Tutti i loro pensieri sono indirizzati alla riorganizzazione – o ridefinizione – dell’assetto politico francese; fremono per ricominciare, dopo anni di resistenza clandestina e mancate pubblicazioni.

La narrazione segue da vicino due personaggi del gruppo: lo scrittore Henri e la psicanalista Anne. Il primo ha fondato durante la Resistenza un giornale che vuole lasciare indipendente dalla linea del partito comunista; è deciso a non scendere in politica, perché convinto che l’impegno pubblico lo distrarrebbe dalla scrittura. La seconda, invece, è sposata con un intellettuale, mentore di Henri, con cui ha una figlia; non trova il fine della sua vita nel focolare domestico – tant’è che la scelta di creare una famiglia ha riguardato solo il marito – ma neanche nella carriera, dato il suo crescente disinteresse verso i pazienti.

Attorno ai due, ruotano vari personaggi minori che condividono simili condizioni di vita: i giovani, ad esempio, poiché hanno trascorso gli anni della formazione durante la guerra, sono accomunati dal totale spaesamento, e lo esternano nei modi più disparati.

Attraverso Henri, e le figure che lo circondano, De Beauvoir indaga il ruolo dell’intellettuale e il rapporto travagliato che lo lega all’impegno politico, specialmente se questi è di sinistra e il partito di riferimento è il PC. Dopo la guerra, infatti, la sinistra francese è profondamente frammentata (significative sono le differenti posizioni riguardo all’URSS), mentre la destra sembra rafforzarsi rapidamente. I ricordi della Resistenza sono ancora vividi, e non pochi continuano a compiere rappresaglie. In un clima così teso confluisce anche il timore, divenuto per molti una certezza, dell’imminenza di una nuova guerra.

Seguendo l’evoluzione di Anne, invece, si osserva una dimensione prettamente intima: la donna, per realizzarsi, deve andare oltreoceano, incontrare un nuovo amore e affrontare con decisione l’apatia acuita da questo legame. È forse un po’ riduttivo descrivere un personaggio femminile istruito e appartenente all’élite culturale quasi esclusivamente in funzione delle sue relazioni private; non mancano però spunti interessanti, come le differenze tra intellettuali statunitensi e francesi.

Nel libro I Mandarini, dunque, emergono l’angoscia, la confusione, le contraddizioni, i desideri di chi vive in un mondo instabile eppure fiducioso, pieno di possibilità, ma logorato. 

Con quest’opera, De Beauvoir, rifacendosi anche alla sua esperienza diretta, scatta una fotografia estremamente nitida del secondo dopoguerra in Francia.

 

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