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L’editoriale | La distanza dal giorno

 Questo articolo fa parte del numero 25 del MichePost, uscito in formato cartaceo l’8 maggio 2021


Ne La notte di Michelangelo Antonioni, Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau, una coppia in crisi, si trascinano dispersi per le vie d’un ambiente che non riescono a comprendere, cui fanno fatica ad integrarsi. Tutto si svolge, come suggerisce il titolo, nell’arco d’una notte straniante e alienante, in un flusso di esperienze delle quali si fa fatica a capire l’utilità. L’agire dei personaggi non ha alcun chiaro obiettivo, se non quello di vagare alla disperata ricerca di un appiglio, perché l’ecosistema in cui sono inseriti non riserba altro che confusione. Il loro rapporto, conseguentemente, si corrode, diventando esso stesso simbolo di smarrimento e mancanza di senso. 

Ecco, in questo momento noi somigliamo molto a Marcello Mastroianni e a Jeanne Moreau. Siamo stanchi, spesso non capiamo, o non vogliamo capire, perché il virus è fonte di disordine, è imprevedibile e misterioso, checché ne dicano i razionalisti, e contribuisce ulteriormente ad allontanarci da una già di per sé immaginaria retta via. Ma il disordine, per un buffo paradosso, mal si confà al nostro spirito falsamente deterministico, che sotto un’armatura di ferro cela i nostri aspetti più inspiegabili, le nostre debolezze. Da qui, dalla disumana opposizione tra ragione e sentimento, derivano le reazioni scomposte al marasma in cui siamo immersi, che prima della piaga era già sufficientemente compromesso. Il risultato è un esacerbarsi di equilibri precari, che inasprisce le condizioni di coloro che hanno sempre faticato ad affermarsi, e che genera nuove e apparentemente inevitabili discriminazioni. Esse indeboliscono la società e la sua coesione, indispensabile per la costruzione di un edificio stabile, che senza la fiducia e il rispetto reciproco dei suoi inquilini non può che collassare in un fragoroso boato. 

È per questo che abbiamo avvertito l’urgente necessità di raccontarle, in molte delle loro possibili e deplorevoli declinazioni. I protagonisti di questo numero sono infatti gli ultimi e le ultime, coloro che sono stati lasciati indietro dall’infermabile locomotiva della mondo, per dimenticanza, per paura e per ignoranza. Non sono tutti, certo, anzi, sono pochissimi, perché le nostre pagine non basterebbero mai a ricordare l’infinita moltitudine dei discriminati, ma confidiamo perlomeno nella speranza di averne onorato una parte.

È allora la notte, per tornare al nostro film, lo squilibrato periodo che stiamo attraversando. Ma il sorgere del sole, e Antonioni ce lo mostra in una scena travolgente, può sanare le ferite e salvarci dalla selva. Lo scopo è quello di ridurre la distanza che ci separa dal giorno.

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