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Covid e inquinamento

Il Coronavirus, oltre a portare molte difficoltà nella nostra vita quotidiana, sta anche causando notevoli aggravamenti per il nostro pianeta. Questo è dovuto alle prevenzioni che abbiamo adottato per difenderci. Per esempio, le mascherine sono costantemente abbandonate nelle strade e nei parchi: oltre ad essere antiestetiche, sono non biodegradabili e quindi rischiamo un accumulo che richiederebbe decenni per essere smaltito. Per evitarlo, si sta cercando di prevenire lo spargimento dei dispositivi di protezione individuale attraverso la denuncia sui social. Per difendere noi stessi e gli altri abbiamo anche intensificato l’uso di prodotti usa e getta di plastica, come guanti e sacchetti, che comportano un notevole aumento della quantità di rifiuti da smaltire. Negli ultimi mesi per evitare l’uso di mezzi pubblici (nei quali sono frequenti gli assembramenti) si è verificata una intensificazione di emissione di CO2 prodotta dalle automobili. 

Una delle conseguenze maggiori è data dall’aumento dell’elettrosmog, causato dalle onde elettromagnetiche che il wifi e tutti i dispositivi elettronici producono. Esse sono dannose sia per l’ambiente che per noi stessi; le lezioni online, le videoconferenze, e tutto ciò che computer e smartphone ci permettono di fare per avere contatti con le altre persone in completa sicurezza aumentano le radiazioni.

Tuttavia, sembrava che la natura avesse ristabilizzato il suo corso durante il lockdown di marzo, ma con la riapertura sono svaniti i piccoli traguardi raggiunti. Con le nuove quarantene in varie regioni italiane e in molti Stati europei sembra che l’ambiente stia nuovamente ristabilendo il proprio equilibrio.

Sono l’inquinamento e la diffusione del Covid-19 collegati? 

Uno studio dell’università di Harvard afferma che la diffusione del Covid è legata al circolo di polveri sottili. Lo studio dimostra che è necessario e sufficiente un aumento di pochi microgrammi di polveri sottili per un metro cubo d’aria per aumentare la mortalità del virus dell’11%. Per questo molti studiosi collegano il grande numero di contagiati nelle regioni italiane con un inquinamento atmosferico maggiore, ad esempio in Lombardia. 

Sono stati scritti due articoli realizzati dalla collaborazione di Arpae con l’università di Bologna: il primo è stato pubblicato dalla rivista 44 in Genetics, il secondo da Epidemiologia&Prevenzione. Entrambi affermano che l’inquinamento non è la causa dell’ingresso del virus nel corpo, ma potrebbe aggravarne i sintomi o aumentare la suscettibilità ad esso.

I dati dimostrano che la pandemia causa difficoltà al momento, ma potrebbe lasciare danni irreparabili anche alla Terra danneggiando il futuro delle nuove generazioni, che era già a rischio da ben prima che il Covid-19 entrasse in circolazione. Lasciamo un avvenire certo e preoccupiamoci della nostra salute, di quella degli altri e del pianeta che condividiamo.

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