Cinema | Il petroliere, di Paul Thomas Anderson

 Questo articolo fa parte del numero 24 del MichePost, uscito in formato cartaceo il 19 febbraio 2021


Basandosi sul romanzo Oil! di Upton Sinclair, Paul Thomas Anderson, nel suo Il petroliere (2007), mette in scena un’epopea schietta, sincera e silenziosa, che narra le origini del capitalismo americano in uno dei suoi aspetti più significativi: la corsa ai giacimenti di petrolio di inizio Novecento.

Come il petrolio, la storia viene lentamente fuori dalle grandiose immagini dell’incipit, che ritraggono la figura di Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis) quando, nel 1898, si imbatte per la prima volta nel petrolio; è questa una scoperta che egli, scolpito nell’ombra, completamente solo, accoglie con un fiero sorriso- uno dei pochissimi presenti all’interno del film.

Le parole sono bandite dai primi quindici minuti della pellicola: non c’è personaggio che si pronunci, perché la colonna sonora è tutto ciò che serve a dare inizio alla vicenda e a tenere lo spettatore con il fiato sospeso, in attesa che sgorghi il “sangue” che il titolo originale del film preannuncia come inevitabile.

Astutamente, spietatamente, Plainview trasforma il colpo di fortuna iniziale in un’enorme ricchezza, spinto dall’orgoglio e dal disprezzo per tutti e per tutto ciò che lo circonda.

“Io sento la competizione in me. Io non voglio che altri riescano. Odio la maggior parte della gente, io. Alcune volte io guardo le persone e non ci trovo niente di attraente. Voglio guadagnare così tanto da poter stare lontano da tutti.”

Daniel Plainview è un uomo plasmato dall’avidità e dalla sete di potere, corroso dall’invidia e dall’odio. Ma ha una vulnerabilità: ha un figlio adottivo, di nome HW, che ama e tuttavia sfrutta. E ha un nemico: un giovane predicatore gentile e ipocrita, Eli Sunday (Paul Dano), il cui ranch di famiglia Plainview ha dovuto acquistare per mettere le mani sugli oceani di petrolio sotto la sua superficie.

Se, prima del 2007, Paul Thomas Anderson aveva spesso usato i suoi film per analizzare le lotte di personaggi ben intenzionati, con Il petroliere il quadro cambia radicalmente: come il protagonista scava nelle profondità della terra, strappandone tutte le ricchezze nascoste, così il regista indaga i reconditi abissi degli animi di due rappresentanti della cultura americana, il capitalista Plainview e l’evangelista Sunday, uomini antitetici ma speculari, entrambi corrotti e corruttori, spinti al compromesso soltanto per reciproca convenienza; tutti i cittadini della ridente Little Boston diventano presto pedine nelle mani dei due (magistralmente interpretati) antagonisti, che, nel loro scontro disumano, sono pronti a mietere numerose vittime per perseguire i loro obiettivi.

Il montaggio (di Dylan Tichenor), le musiche (di Jonny Greenwood) -insieme all’accurata scelta dei silenzi – e, in particolar modo, la scenografia (di Jack Fisk) sono tutti elementi che enfatizzano i toni mitici e biblici della pellicola e calano ancor di più lo spettatore in mezzo a quel petrolio che impregna la pelle e i capelli del protagonista.

Anderson, dal canto suo, non si limita ad asservire la macchina da presa alla bravura degli attori o alla spettacolarità visiva di alcune scene, ma sfrutta la Storia e i suoi personaggi per esplicare una disfunzionale relazione con il capitale -alludendo perfino ad un macabro futuro in cui la nostra dipendenza dal petrolio non potrà più essere soddisfatta – filtrando il tutto con uno sguardo sufficientemente lucido e neutrale da non scadere mai nella retorica.

Nell’esplorare il capitalismo, il regista parla anche del potere della comunicazione come mezzo per manipolare, sedurre e persuadere, per piegare la volontà degli altri al proprio scopo (c’è un evidente contrasto tra il silenzio assoluto dei primi minuti del film e l’incalzante, circostanziata e persuasiva arringa di Daniel per convincere i proprietari delle terre che vuole comprare); parla del lavoro e del sacrificio come unico modo per redimersi dal peccato e della nascita di una nuova religione che oppone un dio nell’alto dei cieli a un dio nelle viscere della terra.

A cura di Bianca Formichi

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