La favola di Boris

Ricorda Joseph Conrad, nel suo “Cuore di tenebra”, che, quando i Romani sbarcarono in Gran Bretagna, si ritrovarono di fronte una terra ostile di foreste buie e prati incolti. I soldati marciavano tremando per il freddo, scorgendo a tratti i selvaggi abitanti dell’isola. Tra questi due popoli c’erano secoli di differenza, un vuoto talmente enorme da incutere timore. Ma nel giro di pochi secoli sarebbe stato colmato e anche le tribù della Gran Bretagna avrebbero fatto uso di terme e acquedotti. Una colonizzazione culturale in pieno stile romano, nonché l’inizio di un burrascoso legame tra la Gran Bretagna e il Continente, comunque testimone della possibilità di unificazione e scambio reciproco.

Ora siamo nel 2019 d. C. Conrad, polacco ma scrittore in lingua inglese e francese, è morto da quasi cento anni e con lui, sembrerebbe, anche quella speranza di un’unione tra le differenti lingue e culture europee. Non a caso, gli anni ’20 sanciscono lo scoppio della polveriera dei nazionalismi, in seguito ai quali, dopo la terribile Seconda guerra mondiale, si sarebbe giunti alla nascita di quell’imperfetto segmento politico che è l’Unione Europea, tentativo poco riuscito di seppellire le ossa della divisione. 

Dunque, 2019 d. C.: la Manica pare ingigantirsi e le terme e gli acquedotti edificati dai Romani sono caduti in rovina. I discendenti di quelle popolazioni selvagge menzionate in “Cuore di tenebra” hanno deciso di abbandonare l’Europa, hanno deciso per la Brexit. 

Boris Johnson, vincitore delle ultime elezioni, ha dimostrato quanto oggi conti essere un demagogo che fa proposte irrealizzabili ad una classe media esasperata. Gli operai del Nord hanno abbandonato la rosa rossa dei laburisti (con Corbyn più che mai anonimi) per accasarsi dai conservatori, che certamente non annoverano nella loro storia un ottimo rapporto con la classe operaia, vista, tra le altre, l’esperienza di Margaret Thatcher. L’esito delle elezioni di giovedì 12 dicembre ha confermato quanto l’elettorato odierno abbia sete di uomini forti, che possano ‘garantire’ stabilità e resistenza a ‘poteri forti esterni’. E nel caso del Regno Unito (o meglio, dell’Inghilterra), perché no, magari anche di una tanto bramata indipendenza. Johnson ha captato quanto per un inglese sia motivo d’orgoglio il passato dell’Impero, la figura della famiglia reale e un’economia indipendente, riuscendo a confermare il proprio potere, ottenuto in estate e mantenuto anche con espedienti poco democratici, come la sospensione delle camere iniziata a fine agosto e durata fino al 14 ottobre, con tanto di appoggio della regina Elisabetta, monarca evidentemente amante del “governo del popolo”. 

Johnson è stato sicuramente astuto: ha trovato una popolazione esasperata, o che si sentiva esasperata, dalla crisi economica, l’ha presa per mano raccontandole della “Cattiva Europa” che penalizza il Regno Unito e dunque i suoi abitanti. L’uomo, all’ossessionata ricerca del capro espiatorio, prova, ascoltando uomini come Boris Johnson, quel genere di sollievo che si prova quando gli altri puntano il dito ma sappiamo che quelli indicati non siamo noi. Comunque, l’elettorato non è colpevole. È interessante, in ragione di ciò, come Johnson sia stato votato prevalentemente nelle zoni rurali e in quelle industriali, dove gran parte della popolazione vive maggiormente sulla propria pelle la crisi economica. Gli animi colmi d’ira e rimorso non ragionano, affidandosi alle semplificazioni e ai toni violenti. Per questo, la responsabilità di questa situazione va attribuita a una debole opposizione di Jeremy Corbyn e ad un’altrettanto debole Europa, prima ancora che Unione Europea. L’Europa ha perso, nel momento in cui ha lasciato che gli abitanti di una nazione perdessero la speranza di un’unità in favore di un’indipendenza fine a se stessa. La Brexit, quando si realizzerà, rafforzerà e legittimerà in tutta Europa movimenti secessionisti cui già stiamo assistendo, e che, sicuramente, sul modello dei gemelli anglosassoni Johnson e Trump, faranno leva sulla classe media, promettendole il “Paradiso Terrestre”, ma che a me pare più un’isola deserta e sterile.

Comunque, Johnson ha vita breve: esauritasi la Brexit perderà quasi tutto il suo prestigio, che probabilmente si deteriorerà ulteriormente con l’avvento delle conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, quali l’indipendenza di Scozia (che ha assistito alla vittoria degli indipendentisti-europeisti guidati da Nicola Sturgeon) e Galles. La favola di Boris Johnson si rivelerà per quel che è. Tuttavia, in molti ci hanno creduto e ci crederanno; i fuochi del nazionalismo non soffocheranno così. Rimane che, non avendo mostrato unità, l’Europa ha perso.

A cura di Federico Spagna

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