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Un tram che si chiama Desiderio(regia di Elia Kazan, 1951)

“So di mentire spesso. Dopotutto il fascino femminile è per metà illusione.”– Blanche DuBois
Blanche DuBois (Vivien Leigh), donna alla moda e dal carattere civettuolo, sperperato il patrimonio di famiglia, si vede costretta a trasferirsi a casa della sorella Stella (Kim Hunter), che vive col marito Stanley (Marlon Brando) in un quartiere malfamato di New Orleans. L’arrivo di Blanche, attratta da Stanley, sconvolgerà l’equilibrio della coppia; Stella litigherà sempre più spesso col marito, e verrà a galla il torbido passato di Blanche, una vita di dissolutezza. La tensione emotiva e sessuale in casa si farà sempre più forte, fino ad una inevitabile e scioccante conclusione…
Tratto dall’omonimo dramma di Tennessee Williams, già portato in scena dallo stesso Kazan tre anni prima,il film presenta un ottimo ma non ancora celebre Marlon Brando eduna straordinaria Vivien Leigh (già nota per il ruolo di Rossella O’Hara in Via col vento). Il cast d’eccezione ha fruttato al film ben tre oscar al miglior attore(Brando non lo vinse, in favore di Humphrey Bogart per La regina d’Africa), oltre ad uno per la migliore scenografia. Lo spettacolo teatrale originale non ebbe ovviamente vita facile. Tutti urlarono allo scandalo; tutto era esplicito, sottolineato dalle magliette lacere ed attillate di Stanley e dagli abiti corti e svolazzanti di Blanche. E quello di Blanche è un personaggio difficile da analizzare: una donna fragile, la cui dolcezza e poesia è, mi correggo deve essere, mascherata da un’apparenza superficiale e fanciullesca. Sarà per l’associazione della Leigh con Rossella O’Hara, ma in Blanche si può vedere non necessariamente la novità che divampa, come parrebbe ovvio, ma piuttosto l’animo conservatore del Sud americano, che crolla di fronte al nuovo. Non a caso si accende subito il contrasto con Stanley, antitetico alla protagonista. Un uomo diretto (la recitazione di Brando la si ricorda più per gli scatti d’ira che per i ben più memorabili silenzi), che rappresenta la nuova era che dirompe: quella del jazz, dei gangsters, degli uomini d’onore, pronti a fare a botte senza troppi discorsi, piuttosto che a lanciare il guanto di sfida.E da uomo pratico quale egli è, mira solo all’ottenimento della dimensione fisica della donna. Egli disprezza la fasulla idea di romanticismo, oramai anacronistica, che ossessiona Blanche, e tra i due si costruisce un rapporto dove la tensione sessuale è basata sul reciproco disprezzo. Blanche farà di tutto per irritarlo, pur sapendo che questo la porterà alla rovina. E forse che Blanche non cerca proprio la rovina? Questo il mistero, irrisolto, del film; il dramma del passaggio da un’epoca ad un’altra, che scompare, come Blanche, silenziosa, con quelle poche, da lei ritenute molte, briciole di dignità; perché Blanche se ne va, sì, in preda alla disperazione, ma in silenzio.La pellicola si discosta dai canoni dei film romantici hollywoodiani, passione, violenza, tensione, danno origine ad un noir estremamente cupo.Un peccato, però, per il finale, differente dalla trama del dramma originale, probabilmente ritenuto troppo poco cinematografico, che avrebbe altrimenti lasciato un senso di rabbia, di fastidio, di insopportabile incertezza nello spettatore. Merita un plauso la stupenda colonna sonora, una musica continua, fatta di brani in sottofondo, provenienti dalla strada, quasi a rappresentare quel qualcosa che, per tutta la pellicola, sembra inesorabilmente avvicinarsi; brani poco noti, in quello stile di jazz tipico delle sue origini, quello vero, quello di New Orleans, ma anche, quello perduto, oramai un’eco lontana, come una parola non detta, e dimenticata.
Ettore Pistolesi

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